HomeStoria locale- La Fiera del Tartufo Bianco d'Alba • Simondo e Gallizio ad Albisola

Simondo e Gallizio ad Albisola

“Nelle fabbriche albisolesi – un vero e proprio sistema, al cui centro si colloca la Fabbrica Mazzotti (oggi Fabbrica Casa Museo Giuseppe Mazzotti 1903) e l’antico forno di Pozzo della Garitta – sono passati in molti: «qui si è consumata l’avventura futurista di Tullio d’Albisola, Fillia, Enrico Prampolini, Nicolaj Diulgheroff, Bruno Munari e altri, dal 1930 in poi; qui ha preso forma il discorso realista-espressionista di Agenore Fabbri, Aligi Sassu, Giacomo Manzù, fra gli altri; qui si è svolta la ricerca spazialista di Lucio Fontana e quella astratto- informale di tanti altri, da Franco Garelli a Emilio Scanavino, da Roberto Crippa a Giuseppe Capogrossi; fino alle condensazioni totemico-nucleari di Enrico Baj, Asger Jorn, Sergio Dangelo, e le fioriture liriche di Milena Milani; e molto, molto altro» (M. Corgnati). Ad Albisola era capitato anche Pinot Gallizio, sulla scia di un contatto stabilito nell’autunno del 1954 con i ceramisti Antonio Siri, Leandro Sciutto, Luigi Caldanzano. I tre erano stati invitati ad esporre ad Alba, nei locali del Circolo Sociale (ritrovo della borghesia della città), proprio nel periodo della Fiera del Tartufo; il tramite era stato un grosso commerciante di tessuti, Piumatti, che aveva un negozio ad Alba, nella via principale, e uno a Savona.
La mostra di «ceramiche futuriste» (un pretesto anacronistico, sottolinea oggi Caldanzano) viene organizzata con l’aiuto di un giovane pittore, ligure di nascita e torinese di formazione, Piero Simondo. Giunto ad Alba nel 1951, su invito di alcuni amici studenti, per tenere una conferenza, tornato una seconda volta per una mostra, Simondo vi si stabilisce: ha infatti conosciuto Pinot Gallizio, all’epoca non più farmacista ma erborista e fabbricante di caramelle, peci e trementine nel suo laboratorio de «la Chimica Vegetale». Gallizio ha cinquant’anni, ma il suo anticonformismo intellettuale e la sua apertura a sempre nuovi interessi fanno sì che si lasci guidare da Simondo alla scoperta e alla pratica diretta dell’arte moderna.
Quando incontrano Sciutto, Siri e Caldanzano, Gallizio e Simondo hanno già prodotto lavori utilizzando resine naturali e sintetiche: ci sono anche vasi, che Gallizio crea riprendendo il modello di quelli a bocca quadrata di cui trova tracce, da appassionato archeologo dilettante, nelle stazioni preistoriche della zona. Congedandosi alla fine del soggiorno albese, piacevole e festoso, i tre liguri invitano dunque a loro volta Simondo e Gallizio ad Albisola. L’agosto successivo, i due albesi espongono al Ristorante Lalla, e si immergono nell’ambiente albisolese, creativo e cosmopolita. Qui Gallizio ha occasione di incontrare il pittore danese Asger Jorn, la seconda e decisiva fonte di influenza del suo percorso d’artista. A settembre, ad Alba, verrà fondato il Laboratorio Sperimentale del Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista: è davvero «la svolta decisiva nella libertà di ricerca» per Pinot Gallizio, che ha ancora davanti a sé soltanto nove anni di vita e di pittura. L’idea di illustrare i manifesti della XXV Fiera del Tartufo nasce ad Albisola, come gesto simbolico per ricambiare l’accoglienza e il favore tributati l’anno precedente a Sciutto, Siri e Caldanzano. È lo stesso Antonio Siri a convocare gli artisti, come ricorda Piero Simondo – che congegna personalmente l’intestazione a stampa dei cartelloni.
Rispondono all’incirca due grandi gruppi: quello dei «milanesi», che aveva in Lucio Fontana il suo riferimento maggiore, e quello degli «albisolesi»; anche Simondo e Gallizio contribuiscono, con un manifesto a quattro mani (Simondo ne firmerà un altro da solo); Alba è rappresentata inoltre dal giovane Bruno Sandri, che inizia proprio in quel periodo a maturare uno stile diverso dal figurativo tradizionale.
Ogni partecipante lascia il proprio segno a seconda della sensibilità e della poetica, prendendo la cosa con levità e umorismo; chi dipinge un solo esemplare e chi più di uno, fino alla vera e propria miniserie molto bella, di Tinin Mantegazza (cinque). Anche Farfa, il «miliardario della fantasia», figura carismatica del Futurismo, regala il “suo” tartufo.
Il divertimento e l’atmosfera rilassante e festosa si percepiscono bene ancora oggi, scorrendo i manifesti – in cui si individuano temi abbastanza ricorrenti e inevitabili (il cane che ricerca il tartufo, la tavola imbandita...), come pure scelte meno scontate e del tutto autonome (Giovanni Tinti, ad esempio, ritrae lo scorcio di una piazza di Alba, che oggi appare molto trasformata).
Gli artisti di cui ci rimangono le testimonianze sono: Annaviva, Franco Assetto, Roberto Bertagnin, Romeo Bevilacqua, Ego Bianchi, Carla Bologna Fois, Luigi Caldanzano, Sergio Dangelo, Gian Battista De Salvo, Farfa, Lucio Fontana, Antonio Franchini, Pinot Gallizio, Carlo Giusto, Emanuele Luzzati, Tinin Mantegazza, Ivos Pacetti, Gian Mario Pollero, Mario Porcù, Bianca Maria Puccio, Gian Andrea Rocco, Mario Rossello, Eliseo Salino, Bruno Sandri, Aligi Sassu, Jolanda Schiavi, Leandro Sciutto, Pino Serpi, Piero Simondo, Antonio Siri, Giovanni Tinti, Luigi Viano. Nel clima di sagra della Fiera, arrivano molti degli artisti (una foto ritrae Emanuele Luzzati in giuria al concorso della «Bela Trifulera») e i famosi manifesti – ma l’episodio si esaurì lì: la grafica e l’immagine della Fiera continuò, l’anno seguente, a seguire standard tradizionali e consolidati. Quanto ai manifesti albisolesi, i due di Aligi Sassu furono acquistati da un collezionista albese. Di altri (come quelli Asger Jorn – almeno un paio – riconoscibili in una vecchia fotografia) non è stato possibile, al momento, rintracciare la collocazione. Molti furono conservati dallo stesso Pinot Gallizio, poi da suo figlio Pier Giorgio. Tre opere (quelle di Lucio Fontana, di Farfa, e il manifesto a quattro mani di Gallizio e Simondo) vennero esposte nel 1998, ad Alba, nell’ambito della mostra «Le Langhe i loro pittori», organizzata dalla Fondazione Ferrero”.

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