Come nacque la Fiera

Lo sviluppo della città si andava consolidando nel territorio alla sinistra del Tanaro e dall’unione delle varie borgate era stata costituita, nel 1920, la parrocchia e il territorio assumeva il nome di Frazione Mussotto, sancito ufficialmente da un decreto legge del 1925. Nel frattempo il Consiglio comunale, sindaco Giovanni Vico aderendo alla richiesta dei consiglieri comunali Giuseppe Parusso, Giovanni Rossello del Partito Popolare e Angelo Gozzellino del Partito dei Contadini, aveva istituito, il 9 dicembre 1924, la Fiera con rassegna zootecnica di Mussotto da tenersi ogni anno, con contributo del Comune, il secondo lunedì di settembre.
Era stata chiesta, in base alla legge del 17 maggio 1866, n. 2933, l’autorizzazione provinciale che venne rilasciata dal Prefetto nel giugno del 1925 e, da quell’anno, si svolse la Fiera di Mussotto. Era stato scelto il 2° lunedì di settembre perché la parrocchia, intitolata alla Natività della Vergine, celebrava l’8 settembre la festa patronale religiosa e, nei giorni seguenti, quella popolare.
Nel mese di marzo del 1928 si era tenuta in Provincia, presso il Prefetto, una riunione di tutte le principali città della provincia per riordinare e calendizzare le Fiere e la città di Alba venne autorizzata a svolgerne una nei primi quindici giorni di settembre secondo le aspirazioni della città che desiderava avere una sua fiera autunnale con manifestazioni popolari e il 29 maggio 1928 il Podestà, avv. Giulio Cesare Moreno, decretava l’istituzione della Fiera Vendemmiale, spostando nel capoluogo quella di Mussotto e indicando, come data, il secondo sabato di settembre, anziché il secondo lunedì, assegnando, il 7 settembre, un apposito contributo.
La Fiera Vendemmiale del 1928 si tenne ad Alba e poi a Torino con la partecipazione di numerosi comuni delle Langhe rappresentati da sontuosi carri allegorici, tra cui particolarmente ammirato, come riferiscono le cronache, fu quello di Barbaresco che recava la celebre torre con due filari di viti, con pampini ed uva fresca con la scorta di numerosi giovani e ragazze in costume che cantavano. La Fiera Vendemmiale aveva anche un suo inno “Canssôn ‘d vendumia” con versi di Luigi Maggi e musica di Renzo Gaj.
Nel corso della Festa vendemmiale del 1928, commissario prefettizio il comm. avv. Francesco Viglino che era anche presidente del Comitato organizzatore di cui era segretario tesoriere Vittorio Paganelli, ebbe un grande successo, fra le varie mostre, quella dei tartufi, proposta da Giacomo Morra (1889 - 1963); era il primo tentativo di valorizzare un prodotto già conosciuto e largamente diffuso come simbolo di prestigio fra i contadini che omaggiavano di preziosi tartufi il medico di famiglia, il veterinario, il notaio, il farmacista, la maestra del paese e quanti ai quali, in qualche modo, si voleva rendere un doveroso atto di ossequio e riconoscenza. La mostra dei tartufi suscitò così tanto interesse che si decise di trasformare l’esposizione in mostra permanente con premi ai migliori pezzi presentati da trifolao e commercianti così, nel 1929, inserita nei festeggiamenti della Festa vendemmiale, si organizzò la “Fiera mostra campionaria a premi dei rinomati Tartufi delle Langhe”. Si scelse come periodo il tardo autunno per cogliere il momento in cui il prezioso fungo sviluppava il massimo del profumo e del sapore.
L’importanza della mostra del tartufo era così grande che Gazzetta d’Alba intitolava il resoconto della festa già come “Fiera del Tartufo” e si dilungava sull’esposizione del prodotto.
Presentando la manifestazione, il settimanale Gazzetta d’Alba, riprendendo la notizia dal Quotidiano, scriveva il 17 ottobre 1929: “Nel Cortile della Maddalena, su appositi banchi, si terrà la prima Mostra e Fiera del Tartufo. Questo prodotto, veramente squisito per la delicatezza del profumo e per la bellezza degli esemplari ha così degna valorizzazione. Detta mostra risulterà certo interessantissima, sia per la quantità e qualità dei preziosi tuberi che verranno esposti, sia per la quantità di persone che chiamerà a visitarla”.
Ad inaugurare la Fiera, sabato 26 ottobre, il commissario prefettizio, ing. Attilio Molineris, invitò il prefetto di Cuneo, Mario Chiesa ed il Segretario Federale del Fascio, Attilio Bonino, guadagnandosi così, il successivo 7 novembre, la nomina a Podestà. Nella stessa giornata si svolse anche il concorso zootecnico per i bovini di razza albese; nella domenica 27 il concorso delle bande musicali accompagnò la sfilata dei carri allegorici, mentre la giuria esaminava le vetrine partecipanti al concorso della più bella rappresentazione del Tartufo.
Lunedì 28 ebbe luogo, al mattino, la gara di tiro al piattello e nel pomeriggio il IX Giro Ciclistico delle Langhe per dilettanti di quarta e quinta categoria sul percorso Alba-Canale-Corneliano-Alba-Neive-Castagnole-Boglietto-Santo Stefano Belbo-Cossano-Castino-Borgomale-Alba e, alla sera, tutti a Piazza d’Armi vecchia per i fuochi artificiali.
I tartufi, che normalmente si vendevano a 120-150 lire al chilogrammo, nel sabato di fiera raggiunsero le 200 lire, l’equivalente dello stipendio mensile di un’insegnante elementare di prima nomina, mentre le mele continuavano a vendersi da 4 a 12 lire il miriagrammo, le uova a 9 lire la dozzina e il vino Nebbiolo a 350 lire l’ettolitro.
Nel 1930 il comune istituì un comitato che impostasse le strutture fondamentali affinché la fiera potesse avere continuità negli anni a venire; ne facevano parte il conte Gastone di Mirafiori, che ne era il presidente, l’ing. Molineris, il cav. Sciolla, il prof. Emanuele Ferraris, il cav. Girolamo Renolfi, Giuseppe Bertoncini, Giuseppe Davico, Giuseppe Bonardi e il cav. Pietro Balbo.
La Fiera aveva anche lo scopo di fare in modo che l’avvenuto spostamento in Alba della Fiera di Mussotto, che non poteva ormai avere possibilità di sviluppo e rendimento per mancanza di aree adeguate nella frazione, si dimostrasse opportuno e conveniente. I festeggiamenti dovevano avere carattere economico, sportivo, artistico, culturale e il Comune, affinché questi presupposti venissero rispettati, intervenne con una somma di 10 mila lire versata al cassiere del comitato, signor Vittorio Paganelli, dipendente e poi economo comunale.
Per intanto si destinò il campo sportivo Michele Coppino alla rassegna zootecnica, il Cortile della Maddalena alle mostre ortofrutticole, la piazza Umberto ai padiglioni vinicoli e le vie centrali alla sfilata dei carri allegorici; all’impresa Giovanni Veltri di Milano fu affidato il compito di mettere in scena, al Teatro Sociale, il Barbiere di Siviglia e l’Andrea Chénier con un costo di 4 mila lire, già allora la cultura aveva il suo prezzo.
Nel 1930 la Festa vendemmiale si tenne in ottobre, ma grande successo ebbe la “2a Fiera dei Tartufi d’Alba” messa in programma per il 29 novembre.
Anche la stampa europea, oltre a quella nazionale, incominciò ad occuparsi del singolare mercato del tartufo e il “The Observer” di Londra pubblicò un’estesa cronaca dedicata al tartufo e alla gastronomia albese.
Rimanevano ancora dubbi e perplessità sull’opportunità di abbandonare la Festa vendemmiale e continuare con la Fiera dei Tartufi d’Alba o mantenere entrambe le manifestazioni anticipando la prima a fine settembre – primi di ottobre e svolgere la seconda a fine ottobre – primi di novembre.
Nel 1931 le manifestazioni furono addirittura tre: si incominciò il 27 settembre con una grandiosa “Mostra didattico – dimostrativa di uva da tavola proveniente dalla rinomata collezione Ampelografica di Rovasenda” della Regia Scuola Agraria ed Enologica “Umberto I” di Alba e per l’occasione l’uva fu esposta e messa in vendita in tutte le vetrine della città; si proseguì il 26 ottobre con la “II Festa nazionale dell’Uva” che non incontrò il successo sperato; si concluse il 17 novembre con la “3a Fiera dei Tartufi d’Alba” inaugurata dal prefetto di Cuneo Mario Chiesa.
Il susseguirsi di così tante iniziative era il tentativo di caratterizzare l’autunno albese con appuntamenti frequenti ed invogliare un numero sempre maggiore di visitatori.
Nel 1932 la “III Festa Vendemmiale nazionale” si tenne il 2 ottobre e la “Fiera dei Tartufi “, la quarta, si svolse il 6 novembre; ad inaugurarla fu il senatore prof. Arturo Marescalchi, sottosegretario all’Agricoltura e Foreste, che era stato Presidente Nazionale dei Viticoltori, autorevole esperto vitivinicolo, che nella sua pubblicazione “I Vini tipici” edita a Casal Monferrato, alla fine degli anni venti, aveva condiviso la tesi che la zona del vero Barbaresco è delimitata in un triangolo che ha per base la strada ferrata dal torrente Senadeiva alla borgata Montestefano e il vertice alla romana Torre del paese omonimo.
Il 6 novembre, il primo treno popolare riversò ad Alba una straordinaria folla di torinesi; un secondo convoglio portò seicento abbonati della Gazzetta del Popolo e le maschere tipiche della pagina per ragazzi: Pio Percopo, Isolina Marzabotto che lanciò la moda dello yo-yo. Pinot Gallizio inventò il Palio degli Asini che si corse nel feudo del baco da seta, ovvero in piazza San Giovanni; i tartufi esposti vennero stimati dai giornali in 150 chilogrammi. Iniziava l’organizzazione di treni speciali da Torino, Genova e Milano con uno sconto ferroviario del 50%.
Le istituzioni agrarie locali e la Cattedra ambulante di agricoltura organizzavano una imponente mostra zootecnica del vitello di sottorazza albese che ebbe una grande risonanza nella zona. La Fiera era la vetrina ideale per tartufi e vini ed in piazza Savona fu allestita la mostra dei vini tipici: Barolo, Barbaresco e Nebbiolo, in piazza Rossetti e piazza Carlo Alberto trovarono posto le esposizioni di ortaggi e le degustazioni di Dolcetto e di Barbera, in piazza San Paolo si effettuarono i divertimenti popolari e la sfilata di carri allegorici partiva dalla Pontina, percorreva la circonvallazione verso la stazione e si concludeva in piazza Savona; il Cortile della Maddalena era in quell’anno occupato dai lavori della costruzione del palazzo delle palestre e dalla ristrutturazione dell’intero complesso.

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La Fiera del Tartufo Bianco d'Alba

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