HomePersonaggi- Albesi nella toponomastica • COLBERT FALLETTI Giulia

COLBERT FALLETTI Giulia

1785 - 1864 Benefattrice

Giulia Vittorina Francesca Colbert di Maulévrier nasce il 27 giugno 1785 nel castello di famiglia in Bretagna. Non ancora decenne, era dovuta fuggire all'estero col padre, un fratello ed un'altra sorella, la madre era già morta, sotto abiti maschili, per sottrarsi all'ira sanguinaria dei Sanculotti repubblicani della Rivoluzione francese; la nonna ed altri famigliari rimasti in Francia furono invece ghigliottinati.
Durante l'esilio andò in Olanda ed in Germania, per tornare in Francia quando Napoleone Bonaparte, diventato Imperatore, consentì il ritorno in patria ai nobili emigrati.
Di carattere forte ed imperioso, ebbe dal padre una severa e virile educazione, ed una istruzione quasi enciclopedica, comprendente lo studio del francese, tedesco, italiano, latino, filosofia, geografia e storia, fisica, matematica, disegno, dimostrando per tutti attitudine e vivace ingegno, cultura che continuò ad alimentare per tutta la vita.
La famiglia Colbert frequentò anche la fastosa corte imperiale di Napoleone ed a corte venne concertato il matrimonio del giovane paggio e poi Ciambellano di corte Carlo Tancredi Falletti di Barolo, con la damigella Giulia Colbert, matrimonio concordato dal principe Camillo Borghese, governatore di Torino e sposo di Paolina Bonaparte, il matrimonio fu celebrato a Parigi nel 1807.
Nei primi anni di matrimonio, gli sposi dividevano il soggiorno fra Torino e Parigi, ed il salotto della marchesa Barolo, avviato in entrambe le capitali, era frequentato da letterati, scrittori e personaggi delle nobiltà francese e torinese.
Dopo la caduta di Napoleone, Tancredi e Giulia Barolo, si sistemarono definitivamente a Torino e nella loro abitazione a discutere di politica, di filosofia, di scienze e di lettere, si incontravano Cesare Balbo, Camillo Cavour, Federico Sclopis, il maresciallo De la Tour, i marchesi di Saluzzo, Alfieri di Sostegno, Pallavicini Mossi, Balestrino, i conti di Santarosa, Peyretti di Condove, Nunzi Pontifici, ambasciatori di Francia, Inghilterra, Austria, Toscana e Spagna; nel 1934 i Marchesi chiesero a Cesare Balbo di presentare loro Silvio Pellico, reduce dallo Spielberg, e lo assunsero come bibliotecario, avendo già pubblicato la sua opera Le mie prigioni.
Con il suo rigido carattere e gli ancor più rigidi principi in fatto di autorità e di religione, la Marchesa non poteva simpatizzare con un certo liberalismo rivoluzionario e carbonaro che si andava diffondendo e che si confondeva con l'anticlericalismo; fu nel 1848, quando cominciò ad infierire in Piemonte, in nome di una laicità di Stato, la politica fatta più di Guerra alla Chiesa ed alla religione degli italiani che allo straniero oppressore, che la marchesa Giulia Falletti dimostrò aperta opposizione alla cacciata dei gesuiti avvenuta nello stesso anno, all'abrogazione del Foro ecclesiastico del 1850, all'introduzione del matrimonio civile nel 1852, alla soppressione degli organi religiosi nel 1854; per aver ospitato nel suo palazzo padre Pellico, fratello di Silvio provinciale dei gesuiti, furono suscitati tumulti contro di lei e dovette subire la perquisizione da parte della guardia nazionale nel palazzo Barolo e chiedere l'intervento dell'esercito per difendersi dagli esagitati anticlericali che volevano mettere a ferro e fuoco l'intero palazzo.
Accanto alla vita di mondo, la marchesa Barolo ne viveva un'altra meno appariscente, ma anche più intensa, quella della carità; dopo il 1814, il palazzo Barolo rimase in permanenza aperto ai poveri, ed ogni giorno venivano distribuiti 200 piatti di minestra, accompagnati alla domenica, di distribuzione di carne e di legna. Inoltre, si dedicò intensamente all'assistenza nelle carceri e, secondo i suoi principi e la sua ispirazione, venne in seguito operata in Piemonte la riforma carceraria, che rendeva le condizioni sino all'epoca disumane, almeno più accettabili. Fondò in seguito il Rifugio, capace di oltre 200 ricoverate, che uscivano dalle carceri o abbandonavano la vita di strada, fondando per quelle che intendessero cambiar vita, il monastero delle Maddalene.
Rimasta vedova nel 1838, diventando erede universale dell'immenso patrimonio del marchese Tancredi, si considerò una fedele esecutrice della volontà benefica del marito e si calcola che solo dopo la morte di lui abbia speso nelle più svariate forme di beneficenza, la rispettabile somma di 12 milioni, che all'epoca costituiva quasi il bilancio di uno Stato. Il vescovo di Pinerolo ottenne da lei di poter fondare numerose scuole e la Marchesa fece venire in Piemonte le suore Giuseppine dalla Savoia, le suore Sacramentine da Roma e fondò le suore di Sant'Anna per seguire tutte le sue opere benefiche; nel suo testamento, oltre a dotare generosamente tutte le opere da lei fondate, dispose che sorgesse a Barolo il collegio maschile a ricordare, nella culla degli antenati di suo marito, l'illustre famiglia dei Falletti di Barolo.
Anche nel campo dell'agricoltura, la Marchesa diede impulso ad una coltivazione maggiore di vitigni pregiati e, chiamando tecnici dalla Francia, iniziò l'invecchiamento del Nebbiolo di Barolo in questo poi seguita da Camillo Cavour, nella sua tenuta di Grinzane.
Morì in Torino, nel palazzo Barolo, il 19 gennaio 1864, disponendo che il suo corpo, prima di essere sepolto, fosse rivestito dell'abito di terziaria francescana.

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