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Castello di Cortemilia

Si dice che Cortemilia, importante centro agricolo delle Langhe di origine romana, derivi il suo nome da Cohors Aemilia, insediata in luogo, nel 118 a.C., da Marco Emilio, e che sia arrivata ad avere addirittura cinque castelli. Che saranno poi stati, più probabilmente, delle fortificazioni minori, bastides o altro, ma che comunque dovevano attestare anche militarmente l'importanza del borgo. Importanza che derivava, soprattutto, dalla sua collocazione, che ne faceva un indispensabile e utilissimo centro delle comunicazioni tra il Piemonte occidentale e la Liguria.
Arrivarono poi, nel secolo X, i Saraceni e la loro presenza, qui come altrove, significò devastazione ed impoverimento demografico. Nei documenti dell'epoca infatti si parla di luoghi deserti, transivimus per deserta Langarum, ed uno del 967, riferito in modo specifico a Cortemilia e alla vicina Prunetto, la colloca in desertis locis. Che si trattasse di luoghi abbandonati e devastati è confermato da altre carte, come ad esempio quelle concernenti donazioni di territori presenti nelle Langhe, in cui si dichiara che "sui luoghi donati si trovano delle ruine...che i beni donati consistono in aree di terra aventi sopra di sé in parte dei muri e delle pietre, le quali furono già sale e solari, cioè, secondo il linguaggio di quei tempi, case ad uno o due piani, di cui rimanevano appena gli avanzi". Passato il pericolo saraceno, l'economia rifiorì e ripresero floridi i commerci. Il luogo di Cortemilia, "primario centro storico dell'alta Langa", per usare le definizione di A. Griseri, punto chiave nelle strade di accesso alla val Bormida, ebbe in passato un sistema difensivo adeguato alla sua importanza, presente sin dai tempi di Ottone I e di Aleramo.
Cortemilia cominciò a decadere quando, nel 1520, i genovesi colmarono il porto di Savona, a cui affluivano le merci passanti attraverso la valle della Bormida, riducendolo così ad un piccolo bacino di difficile accesso.
In effetti, anche il castello di cui attualmente si vedono i ruderi, sul colle che domina l'abitato, è collocato in ottima posizione per controllare il passaggio del fiume cui Cortemilia deveva la propria importanza. Non se ne scorgono che i ruderi: un alta torre circolare smozzicata, qualche tratto di cortina, un'altra torre, sempre cilindrica, di dimensioni minori. Ma sono ruderi colossali, imponenti soprattutto per la dimensione della fortificazione che permettono di ricostruire una delle più vaste, quanto ad area occupata, di tutta la zona, estesa sull'intera estremità della cresta che, partendo dal Bric Cisterna, si protende sopra il paese, dominando l'abitato e il passaggio della Bormida.
Incerte sono le origini del castello, che viene fatto risalire al XII secolo. Altrettanto difficili da ricostruire, dai resti ancora rintracciabili sul terreno, la sua impostazione planimetrica e i suoi accorgimenti difensivi. In pratica, non sono leggibili altro che il poderoso torrione di pietra da taglio, probabilmente il mastio della costruzione originaria, alcuni spigoli dell'antica struttura. Ciò che resta, tuttavia, lo fa apparentare, più che con analoghe costruzioni piemontesi, anche prossime come Roddi, Serralunga o Grinzane, ad esempi della vicina Liguria o ancor più con quelli che, sempre sotto influenza ligure, vennero sorgendo in quell'epoca nell'Oltrescrivia, in provincia di Alessandria. E certamente la fortificazione che più assomiglia, per aspetto e tecnica costruttiva, a quella di Grondona, a monte di Arquata Scrivia.
L'origine di questo castello è alquanto oscura per la scarsità di documenti che lo citino con esattezza; si sa comunque che, molto antica, avvenne nel secolo XII ad opera dei signori locali. Si succedettero come feudatari i discendenti di Bonifacio del Vasto e dei Del Carretto: il primo fu, nel 1142, Bonifacio Minore, l'ultimo, Manfredo II che cedette il feudo ai Marchesi di Saluzzo nel 1322. Dieci anni dopo passava agli Sacarampi e restava in loro possesso per lungo tempo, fino al 1575, anno in cui entrò a far parte del Marchesato di Saluzzo. Ma prima aveva dovuto subire la pesante azione del Brissac durante la guerra tra Francia ed Impero per il possesso del Milanese. Il famoso maresciallo francese, che operava in Piemonte, aveva nella primavera del 1553 passato il Tanaro a Farigliano per rifornire nelle Langhe il suo esercito di vettovaglie e per chiudere le comunicazioni con la Riviera. Tra i castelli assaliti ed espugnati va annoverato anche quello di Cortemilia che, dopo una strenua resistenza, fu costretto ad arrendersi in seguito ad una massiccia azione d'artiglieria francese: vennero sparate ben milleduecento cannonate con palle da sessanta. Ciò che non andò distrutto durante le operazioni militari fu demolito successivamente. Conclusasi la guerra fra Impero e Francia, venne annesso nel 1615 con Carlo Emanuele I ai domini di Casa Savoia. Restaurato alla meglio, dopo aver respinto nel 1649 un attacco di seimila Spagnoli, fu, poco dopo, distrutto definitivamente dalle truppe francesi.
Al castello di Cortemilia è legata la leggenda di Niella, una delle tante di cui è ricco il Cuneese. Stefanella, chiamata semplicemente Nella, era nata in una torre del castello di Borgomale dove era stata rinchiusa prigioniera la madre Adelaide per aver respinto il cognato Lionello che, in assenza del fratello e legittimo marito Ulderico, partito come crociato per l'Oriente, voleva farla sua. Quando Adelaide morì, Nella fu affidata ad una famiglia di coloni che abitava presso la Madonna della Pieve e, cresciuta, diventò famosa per la sua bellezza che colpì il figlio stesso di Lionello, Dagoberto, giovane cortese, affidabile, amato da tutti. L'amore diventò palese quando, durante i festeggiamenti tributatigli dalla popolazione per le sue numerose imprese eroiche, Dagoberto chiamò Nella che, impaurita e timorosa, esitava a rendergli, inginocchiandosi, l'omaggio dovuto, e la baciò pubblicamente. Lionello, accortosi del sentimento del figlio, in un primo tempo fece rinchiudere la fanciulla nella torre del castello di Bergolo, poi, preso dal rimorso per le malvagità compiute, decise di consultare il padre superiore del convento di S. Francesco in Cortemilia. Ravvedutosi, liberò Nella e le rivelò la sua nobile origine, poiché la fanciulla, credendo di essere un'umile contadina, non voleva sposare Dagoberto, nonostante l'amore che provava. Quando tutto sembrava avviarsi ad una felice conclusione, quando già fervevano i preparativi per le nozze, un'improvvisa inondazione del torrente Bormida allagò anche la casa di Nella che si salvò a stento rifugiandosi sul tetto insieme con gli altri abitanti. Dagoberto cercò di raggiungere a nuoto la fanciulla, ma quando era già vicino, la casa crollò. Nella fu trovata più tardi morta tra le macerie ed il fango: i suoi occhi spalancati nella fissità della morte sembravano chiedere spiegazione di quanto ingiustamente era accaduto.

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