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I ventitre giorni della città di Alba

Alba, Piazza Rossetti

Fu Mastroianni che offrì alla città di Alba il monumento celebrativo, in occasione del cinquantesimo anniversario dei Ventitre giorni della città di Alba, opera inaugurata il 30 ottobre del 1994 e dedicata alla Libera Repubblica di Alba.
Non è casuale la scelta di Mastroianni, che, durante il secondo conflitto mondiale, chiamato alle armi, partecipò alla Resistenza, vivendo in prima persona l'attività partigiana. Questa esperienza influenzerà molto la sua attività e il suo stile scultoreo, tant'è che Argan parlerà di poetica della Resistenza, per descrivere la monumentalità dinamica delle sue sculture.
Mastroianni pur consapevole della funzione commemorativa che la scultura ha sempre avuto, compie un salto rispetto alla tradizione, poiché non la assoggetta più al potere, ma la rende portavoce del sentire collettivo e attraverso la sua opera dà voce ai più deboli, a chi ha lottato per il bene comune. Questa visione è ben esemplificata nel monumento di Alba, un omaggio ai partigiani, che operarono nelle Langhe sacrificandosi per la libertà di tutti. Non è facile fare la descrizione iconografica del monumento, perché Mastroianni, artista Informale, rinuncia ad immedesimare la scultura alla forma di un oggetto, cosa che la renderebbe estranea allo spazio, per concentrarsi ad esaltare la forza sprigionata dalla materia.
Egli crea una struttura reticolare che si espande nello spazio, proiettando, come se fossero lanciati da un cannone, due grovigli spigolosi formati da grossi aculei appuntiti e da corpi cilindrici, che ricordano le canne di fucile, che perforano l'aria con violenza. Questi corpi prolungandosi e irrompendo con energia nello spazio rompono il silenzio per riecheggiare il frastuono delle armi e per gridare il dolore umano, che ogni conflitto reca.
Si avverte forte il senso di disperazione, la tragedia che ogni guerra comporta emerge dalle spigolature, dal color grigio scuro del bronzo, dal quale non traspare alcuna sfumatura, ma che nella sua rude monocromia vuole ricordare il nero fumo della città durante i bombardamenti. E' anche il dolore dell'animo umano, di che ha vissuto quegli orrori in prima persona, di che sotto gli ordigni di guerra ha perso la vita.
Umberto Mastroianni nasce il 21 settembre 1910 a Fontana Liri. Trasferitosi a Roma nel 1924, frequenta lo studio dello zio Domenico e i corsi di disegno presso l'Accademia di San Marcello. Nel 1926 si sposta con la famiglia a Torino, dove prosegue gli studi nell'atelier di Michele Guerrisi, impratichendosi sempre più nella tecnica scultorea.
A partire dagli anni Trenta arrivano i primi riconoscimenti ufficiali e nel 1958 vincerà il Gran Premio Internazionale per la scultura alla XXIX Biennale di Venezia.
Egli affianca al lavoro di scultore quello di pittore e orefice, divertendosi a realizzare gioielli, minute sculture indossabili, in cui ciò che più lo affascina è la trasformazione che la materia subisce attraverso la luce. Altrettanto importante è stata la sua attività di scenografo: nel 1979 esegue per il Teatro dell'Opera di Roma la scenografia del Coro dei Morti, su testo di Giacomo Leopardi e musica di Goffredo Petrassi; mentre l'anno seguente seguirà il lavoro per L'uccello di fuoco di Igor Stravinskij. Pur poggiando su un basamento, secondo l'usanza classica, la scultura mossa da forte dinamismo, diventa esplosione, fornendo una chiave di lettura di quella dimensione storica. Attraverso questa irruzione nello spazio, Mastroianni contestualizza l'opera, legandola alla città, la scultura diventa parte integrante del tessuto urbano, condivide lo stesso spazio cittadino, per farsi segno visibile dell'esperienza vissuta. L'universalità della tragedia di tutte le guerre, entra nel microcosmo di una realtà ben precisa: la Resistenza albese, combattuta da uomini di Langa, che qui hanno lottato e perso la vita.
Anche il piedistallo, elemento immobile, nelle mani di Mastroianni si anima, anch'esso parla della guerra, riportando le parole di Johnny, tratte dal romanzo di Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny: Johnny pensò che un partigiano sarebbe stato come lui, ritto sull'ultima collina, guardando la città, la sera della sua morte. Ecco l'importante: che ne rimanesse sempre uno. La citazione letteraria unisce con maggior forza la scultura al popolo albese, essa diventa monumento nel senso etimologico del termine, ovvero ricordo (memento), testimonianza della nostra storia.

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